Storie

Journal / Storie

Stories of Hope and Solidarity: Our World

L’azione di ognuno di noi è un passo importante verso un cambiamento tangibile. Condividiamo le esperienze dei nostri pazienti, che riflettono il valore di un percorso costruito insieme.

Italia, Guatemala,

Storia di Helena, piccolo ponte tra Italia e Guatemala…

La vita di una bambina guatemalteca, colpita da labio-palatoschisi e in attesa di adozione da parte di genitori italiani, si è intrecciata, per uno strano gioco del destino, con l’attività clinica Andrea Di Francesco, presidente di Progetto Sorriso e responsabile dell’Unità di Chirurgia Maxillo-facciale pediatrica dell’Ospedale Sant’Anna di Como.
Mentre Helena, di soli due anni, lottava nell’orfanotrofio in Guatemala con la sua malformazione, i suoi futuri genitori lottavano, a Brescia, con la burocrazia per perfezionare le pratiche di adozione. Nel frattempo, per preparasi all’arrivo della bimba, si sono rivolti all’unità Maxillo-facciale pediatrica dell’ospedale comasco. Hanno incontrato Andrea Di Francesco che li ha rassicurati circa il buon esito terapeutico di questo tipo di malformazione, ma il destino si è spinto oltre. Era il 2008 e il medico stava per intraprendere la missione chirurgica di Progetto Sorriso proprio nell’ospedale gestito dalle stesse suore responsabili dell’orfanotrofio che ospitava Helena. Il chirurgo ha avuto, così, modo di visitare la bambina in loco, prima ancora che lei conoscesse la sua nuova famiglia, riscontrando una labio-palatoschisi piuttosto ampia. D’accordo con i futuri genitori, ha preferito aspettare l’arrivo di Helena in Italia, avvenuto nel Settembre 2009, in modo da farle affrontare l’intervento con la loro presenza e affetto. Helena ora sorride felice con la sua nuova famiglia.
Read the story Close

Burundi,

Fatuma e Nestor, oltre quella porta…

I chirurghi di Progetto Sorriso non possono fare a meno di notare le due piccole figure che si scorgono letteralmente incollate ai vetri, al di là della porta principale della sala operatoria dell’Ospedale di Burbanza. Si tratta di Nestor, quattro anni, e Fatuma, otto anni.
I bambini del Burundi, come questi due piccoli, non manifestano facilmente felicità e apertura, per antiche vicissitudini e per radicati timori verso l’uomo bianco. Questi bambini, che non vivono la spontaneità e la gioia proprie della loro età anche per l’emarginazione dovuta alla “diversità”, sono invece riusciti a comunicare ai volontari di Progetto Sorriso la loro incredibile felicità con gesti semplici, quanto straordinari. Mai avrebbero potuto crederlo, se non li avessero visti con i loro occhi uno degli ultimi giorni della missione. I due piccoli, che pochi giorni prima avevano visitato con difficoltà, avevano trascorso una mattinata ad accarezzare la porta a vetri dell’ingresso della sala operatoria. Questo gesto che mantiene le distanze, la fierezza e la dignità di due piccole creature evoca, però, un’estrema gratitudine che i volontari hanno colto e che continua a riproporsi nei loro nostri occhi e nei loro cuori. Una gratitudine che Progetto Sorriso vuole condividere con le persone che hanno creduto nell’impegno dell’Associazione, con fiducia e generosità.
Read the story Close

Burundi,

Elie, storia di guerra e di rinascita

Progetto Sorriso ha incontrato Elie, un uomo di quarant’anni circa, presso l’Ospedale di Bubanza.
Presentava esiti da gravi ferite: la mandibola e la parte interna della bocca apparivano colpite da lesioni di vecchia data, più volte rimarginate e riaperte, e da infezioni diffuse e mai guarite che certamente dovevano produrre dolori lancinanti e febbre. Sullo sfondo, l’annoso conflitto etnico tra Tutsi e Hutu. Elie, catturato dai guerriglieri dell’etnia opposta, non aveva subíto mutilazioni agli arti e al volto come alcuni suoi compagni, ma un colpo di arma da fuoco all’interno della bocca, per produrre gravi ferite, non per uccidere. Impossibile operarlo in loco, troppo complessa e compromessa la sua situazione generale. Scatta allora una gara di solidarietà tra Progetto Sorriso, il Consolato, la Regione Lombardia e l’Ospedale Sant’Anna di Como. Nel giro di tre mesi, Elie è stato ricoverato e operato con successo nel reparto di Chirurgia Maxillo-Facciale del nosocomio comasco: per la prima volta i medici videro il suo sorriso. Dopo sei mesi, completamente guarito, lasciò l’Italia. I volontari hanno visitato Elie l’anno dopo, durante la successiva missione chirurgica: sta bene, è tornato a lavorare, ha nuovamente fiducia nel prossimo e nella vita.
Read the story Close

Bangladesh,

Roima, storia una bimba dal volto di leoncino

Roima, quando è nata, aveva due buchi al posto del naso e il volto piatto come il cucciolo di un leone. Suo padre guidava il risciò, sua madre andava a portare l’acqua nelle case dei benestanti, che sono fatte di mattoni e cemento, invece che di fango, lamiera e bambù.
Avevano un minimo di reddito assicurato: non l’hanno abbandonata, ma non sapevano ugualmente cosa fare di questa bambina, con due buchi al posto del naso, senza la possibilità di trovare un marito e rimediare un lavoro. Così, Roima si è fatta “bambina di strada” e un giorno è incappata in Padre Riccardo, un missionario che è stato con Progetto Sorriso sin dall’inizio. I chirurghi hanno spiegato ai familiari che con uno, due interventi i buchi nel volto sarebbero potuti diventare un naso e in loro è nata la speranza. Roima ha così affrontato un’operazione per risolvere i problemi funzionali e una per affrontare quelli estetici. E’ stata coraggiosa, anche se nella sala operatoria dell’Ospedale Santa Maria Sick Assistance di Khulna, poco prima di cedere agli effetti dell’anestesia, gemeva di paura. Si è svegliata finalmente bella, sottile, armoniosa. Forse Roima non si sposerà comunque, ma quello che vuole, adesso, è continuare a studiare. Per provare ad emanciparsi e vivere una nuova vita. (Dal testo di Stefania Ragusa, amica di Progetto Sorriso e giornalista di Condé Nast)
Read the story Close

Bangladesh,

“Nuvola”, storia di dolore, tolleranza, speranza…

E’ nata una notte, ma per sfortuna, in Bangladesh e… femmina. Poche ore e qualcuno ha deciso che non doveva vivere. Il giorno successivo, i ragazzini della Tokai House, la casa dei bambini di strada, l’hanno trovata mentre andavano a scuola, vicino a un ruscello, semi sepolta.
Hanno trovato Nuvola e hanno chiamato Padre Riccardo che l’ha disseppellita, mentre un’anziana donna si è fatta avanti per occuparsi di lei, per ripulirla e lavarla. Alcuni ragazzini sono stati mandati da Padre Riccardo in Moschea, per chiedere indicazioni sulle regole della sepoltura. Così Nuvola è stata vestita con i panni tradizionali, le sono stati pettinati i ciuffetti in testa e chiusi gli occhi. Ora Nuvola riposa nel cimitero. Quella sera, dopo la preghiera in Moschea, l’Imam ha ricordato Nuvola, ha ricordato una piccola bambina lasciata morire. Poi ha ricordato Padre Riccardo: il suo gesto di rispetto, il suo amore per una piccola mussulmana. Ha parlato di quegli infedeli che si occupano indistintamente di tutti. Ha detto: “stasera, in Paradiso, ci sarà un posto per Nuvola e un posto ci sarà anche per tutte le persone che si occupano dei bambini…dei bambini di tutti”. Da allora, Progetto Sorriso ha sostenuto anche a una serie di attività sociali, come due asili in zone disagiate, affinché i bambini possano essere protetti e accuditi da giovani adulti, a loro volta accolti, da piccoli, dai Padri Saveriani. Nuvola non è morta, perché ha acceso nuove speranze.
Read the story Close
Journal

Scopri di più sui Journal di Progetto Sorriso...